26 Ottobre 2017

Autorizzazione dell’Amministrazione per gli incarichi extraistituzionali del dipendente

Una recente sentenza della Corte dei Conti Veneto (n. 201/2017) ha chiarito che l’esercizio di un incarico extraistituzionale da parte del dipendente di una Pubblica Amministrazione richiede necessariamente l’espressa autorizzazione da parte dell’Ente datore di lavoro, previa opportuna verifica delle condizioni per il rilascio dell’autorizzazione.

La sentenza di cui sopra è stata pronunciata a seguito del rinvio a giudizio per danno erariale, da parte della Procura contabile, di un dipendente di un'amministrazione comunale, al quale la medesima Amministrazione aveva già richiesto il recupero delle somme percepite del predetto dipendente dall'ente conferente. Secondo il dipendente, tuttavia, l’attività extraistituzionale era da intendersi come legittima in quanto in quanto la prima autorizzazione era stata rilasciata dall'amministrazione fino alla scadenza del mandato del Consiglio di amministrazione, e sulle successive richieste di autorizzazione si era formato il silenzio assenso; il che, farebbe venire meno la colpa grave del dipendente, essendo lo stesso in buona fede, ritenendo la sussistenza di una valida autorizzazione, pur tacitamente rilasciata.

La Corte dei Conti adita, non ritenendo accoglibile la difesa del dipendente, ha osservato che la formazione del silenzio assenso, in tema di autorizzazioni, si realizza esclusivamente qualora le prestazioni siano rese nei confronti di altra Pubblica Amministrazione, con la conseguenza che, in caso contrario, si forma un silenzio rigetto, e, quindi, deve intendersi negata l’autorizzazione.

Il Collegio contabile ha poi puntualizzato quali le condizioni necessarie per il rilascio dell'autorizzazione, precisando che le Amministrazioni dovranno attentamente valutare:

a) se l'incarico può generare, anche solo in via solo ipotetica o potenziale, situazione di conflittualità con gli interessi facenti capo all'amministrazione e, quindi, con le funzioni assegnate sia al singolo dipendente sia alla struttura di appartenenza;

b) la compatibilità del nuovo impegno con i carichi di lavoro del dipendente e della struttura di appartenenza, oltre che con le mansioni e la responsabilità attribuite al dipendente (eventualmente interpellando a tal fine il responsabile dell'ufficio di appartenenza, che dovrà esprimere il proprio parere o assenso circa la concessione dell'autorizzazione richiesta);

c) la non prevalenza della prestazione sull'impegno derivante dall'orario di lavoro e l'impegno complessivo previsto dallo specifico rapporto di lavoro;

d) la materiale compatibilità dello specifico incarico con il rapporto di impiego;

e) eventuali specificità attinenti alla posizione del dipendente stesso (incarichi già autorizzati in precedenza, assenza di procedimenti disciplinari recenti o note di demerito in relazione all'insufficiente rendimento, livello culturale e professionale del dipendente);

f) corrispondenza fra il livello di professionalità posseduto dal dipendente e la natura dell'incarico esterno a lui affidato.

Alla luce di quanto sopra, il dipendente è stato quindi condannato dalla Corte per danno erariale, pari all’importo dei compensi illegittimamente percepiti (poi ridotti tenuto conto del leale comportamento e dell’inerzia dell’Amministrazione nel dare riscontro alle richieste di autorizzazione).

(A cura dello Studio Adamo)